Cassata la suddivisione in lotti ultraregionali dei maxi-bandi di Consip

Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 6 marzo 2017, n°1038

È illegittima per violazione dei principi di concorrenza, buon andamento, ragionevolezza e proporzionalità, la suddivisione in lotti territoriali quando la dimensione di questi ultimi abbia l’effetto di restringere in modo eccessivo la partecipazione alle gare degli operatori del settore.

Conferma, TAR Lazio, Sez. II, n° 9441/2016

Il fatto

La sentenza ha ad oggetto l’affidamento dei servizi integrati di vigilanza presso i siti in uso, a qualsiasi titolo, alle pubbliche amministrazioni.

Sulla legittimità della procedura, il giudice ha rilevato che la dimensione e il valore dei lotti geografici – di estensione ultraregionale (ad eccezione dei due lotti relativi al Comune di Roma Capitale), con importi a base d’asta compresi tra i 37,5 e i 46 milioni di euro correlata alla previsione – quale requisito di capacità economico-finanziaria – di un fatturato specifico nel biennio precedente pari al «valore annualizzato del massimale del lotto», ovvero pari alla metà del valore di ciascuno di questi, fosse irragionevolmente lesiva del favor partecipationis a procedure di affidamento di contratti pubblici, declinabile anche come diritto alla partecipazione individuale di imprese di dimensioni medio-piccole quale la ricorrente.

La dimensione dei lotti e il requisito di capacità economico – finanziaria richiesto dal Bando comportava infatti che il fatturato richiesto per la partecipazione alla gara, pari ad un anno di convenzione oscillasse «da un massimo di 11,5 milioni di Euro ad un minimo di 9,37 milioni di Euro». Il requisito di fatturato di tali proporzioni costituiva dunque una conseguenza della dimensione del lotto territoriale.

I giudici di Palazzo Spada, confermando la sentenza del T.A.R. Lazio, hanno ritenuto che la dimensione dei lotti fosse tale da impedire «l’esplicarsi di una piena apertura del mercato alla concorrenza» ed il conseguimento dei «risparmi di spesa potenzialmente derivanti da una più ampia gamma di offerte».

La limitazione eccessiva della partecipazione trovava conferma a posteriori dalla circostanza che per i tredici lotti in questione «vi è stata la presentazione di un esiguo numero di offerte (rispetto alla verosimile potenzialità del settore)».

Infatti, la partecipazione alla gara – di rilevante interesse strategico per il suo valore complessivo (540 milioni di euro) – sarebbe stata riservata solo a pochissimi grandi operatori economici del settore, individuabili in quelli già detentori di posizioni consolidate di mercato (incumbents), e – per contro – preclusa alle imprese di media e piccola dimensione.

La sentenza, dunque, nella breve massima riportata, analizza due profili: da un lato, la possibilità per la Centrale di Committenza di suddividere la gara in lotti territoriali, in virtù della propria discrezionalità amministrativa; dall’altro, la necessità di porre in essere ogni strumento in grado di assicurare la massima partecipazione dei concorrenti, con speciale riguardo alle PMI.

Suddivisione in lotti.

In ordine alla possibilità di suddividere la gara in lotti territoriali, la difesa della centrale di committenza aveva richiamato il 78° considerando della direttiva 2014/24/UE sugli appalti pubblici (non ancora recepita al momento della pubblicazione del bando di gara), il quale sostiene che il favor partecipationis per la suddivisione dei contratti dell’amministrazione in lotti trova il suo limite nella facoltà di quest’ultima «di scegliere liberamente ed insindacabilmente, sulla base di qualsiasi motivo ritenga rilevante, come suddividere l’appalto», poiché si tratta «di scelte afferenti alla discrezionalità pura dell’azione amministrativa», ovvero di scelte di merito.

A tale proposito, il Collegio ha ritenuto che una tesi simile non può essere fondatamente sostenuta.

Come qualsiasi scelta della pubblica amministrazione, infatti, anche la suddivisione in lotti di un contratto pubblico si presta ad essere sindacata in sede giurisdizionale amministrativa: e ciò ancorché l’incontestabile ampiezza del margine di valutazione attribuito all’amministrazione in questo ambito conduca a confinare tale sindacato nei limiti di adeguatezza, ragionevolezza e proporzionalità, canoni generali dell’agire amministrativo.

Del resto, come evidenziato dalle intervenienti ad opponendum rispetto all’appello, a questa affermazione di principio contenuta nel 78° considerando fa da contraltare quella di cui all’ultimo periodo del considerando 59 della stessa direttiva 2014/24/UE, a tenore del qual «l’aggregazione e la centralizzazione delle committenze dovrebbero essere attentamente monitorate al fine di evitare un’eccessiva concentrazione del potere d’acquisto e collusioni, nonché di preservare la trasparenza e la concorrenza e la possibilità di accesso al mercato per le PMI».

Tutela della concorrenza e requisiti speciali di fatturato

A parere dei giudici di Palazzo Spada, la segmentazione dell’appalto stabilita dalla Consip avrebbe favorito l’instaurazione di un mercato oligopolistico e di ridotta competitività, con pregiudizi non solo nei confronti delle PMI, ma della stessa amministrazione, che non potrebbe più beneficiare dell’abbassamento dei costi dei servizi che un mercato concorrenziale e sano può determinare.

Il Consiglio di Stato, inoltre, ha precisato che gli istituti finalizzati alla massima partecipazione alle gare per l’affidamento di contratti pubblici, quali il raggruppamento temporaneo di imprese o l’avvalimento, possono rivelarsi utili, ma non sempre sono sufficienti allo scopo.

Su questo punto, si può notare il crescente scetticismo dei giudici e degli operatori del settore riguardo i requisiti soggettivi speciali previsti dai bandi e dai capitolati che impongono dei limiti di fatturato per l’accesso alle gare.

Sempre più spesso si assiste infatti a pronunce cassatorie di tali disposizioni, spesso valutate come arbitrarie e discriminatorie.


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